Questi sono i giorni di Leonardo DiCaprio. Dopo l’ennesima nomination è riuscito ad aggiudicarsi l’Oscar come miglior attore protagonista. Tutti i suoi fans sono in subbuglio, i meme disperati sono stati sostituiti da gif che ritraggono l’attore in momenti decisivi della sua intera produzione. Il cinema è passato automaticamente in secondo piano: la vittoria di DiCaprio era qualcosa che non si poteva più rimandare. Andava celebrata. Avrebbe potuto anche far parte di uno di quei film malriusciti — tutti gli attori e i registi ne hanno almeno uno nella loro lista — ma l’Oscar andava dato a lui, con buona pace del suo discorso sull’ambiente da molti ignorato — per non parlare del film The Revenant. Negli stessi giorni in cui impazziva la febbre del premio Oscar ho letto Meno di zero di Bret Easton Ellis tradotto da Marisa Caramella — in questa edizione Einaudi, lo dico a malincuore, manca l’introduzione di Fernanda Pivano –. So benissimo che può sembrare — quello tra DiCaprio e Meno di zero — un parallelo alquanto azzardato, ma in entrambi i casi avverto la presenza di un cinema che non vuole affatto smettere di parlare. …
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